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EDILIZIA SCOLASTICA| I DATI DELL'EMERGENZA E LA TASK FORCE PER GESTIRE I 450 MILIONI IN ARRIVO

Intonaci che volano, impianti non a norma: viaggio nelle scuole italiane che fanno paura

Il 44% dei 42 mila edifici scolastici italiani «non è a norma», più di un terzo non ha il sistema antincendio nè un allarme

EDILIZIA SCOLASTICA| I DATI DELL'EMERGENZA E LA TASK FORCE PER GESTIRE I 450 MILIONI IN ARRIVO

Intonaci che volano, impianti non a norma: viaggio nelle scuole italiane che fanno paura

Il 44% dei 42 mila edifici scolastici italiani «non è a norma», più di un terzo non ha il sistema antincendio nè un allarme

Roma, i cantieri ancora aperti nelle scuole
di Valentina Santarpia

ROMA - «Ci sono due tipi di pazzi e di malati mentali. Il primo tipo di pazzo e malato mentale è il criminale che entra in una scuola elementare e spara ammazzando venti bambini. Il secondo tipo di pazzo e malato mentale è il criminale che lascia andare a pezzi gli edifici scolastici finché questi non crollano addosso a maestre e alunni, mettendone in pericolo la vita»: queste parole le ha scritte il 31 maggio Cinzia Caggiano, la mamma di Vito Scafidi, lo studente di 17 anni morto nel crollo di un soffitto nel liceo Darwin di Rivoli, a Torino, il 22 novembre 2008. Da allora la madre continua a tenere in vita la sua pagina Facebook, dove raccoglie idee, iniziative, collette, per tenere in vita il ricordo di suo figlio.

I processi - Il 31 maggio non era un giorno qualsiasi: è iniziato il processo in Corte d’appello che proverà cambiare il giudizio in primo grado che ha assolto sei su sette imputati, nonostante ci fossero «tutti gli elementi che dovevano indurre- come ha detto il pm Raffaele Guariniello –sia la Provincia sia gli imputati della scuola che la situazione era tragica: questo dramma era evitabile». Come quello di San Giuliano di Puglia, dove nel crollo di una scuola per il terremoto del 2002 morirono 27 alunni: la Cassazione dopo dieci anni ha condannato in via definitiva a 5 anni di reclusione i 4 imputati.

Un cartello davanti alla scuola di Rivoli dove è avvenuto il crollo Un cartello davanti alla scuola di Rivoli dove è avvenuto il crollo
Fuori norma - Casi isolati, casi superati? Non si direbbe, a leggere l’ultima audizione dell’ufficio di gabinetto del ministero dell’Istruzione alla VII commissione (Cultura, scienze e istruzione) alla Camera. Il 15% dei 42 mila edifici scolastici italiani non nasce come scuola ma è stato riadattato: è il caso delle scuole sistemate alla meno peggio nei palazzi. Il 44% delle scuole è stato costruito in un periodo che va dal 1961 al 1980 e risulta «non completamente a norma»: ma la prima legge antisismica risale al 1974, quindi- secondo una stima di Cittadinanza attiva – un terzo delle scuole è ad alto livello di sismicità. L’11% delle scuole non ha il certificato di valutazione dei rischi. L’82,3% non ha il certificato di prevenzione incendi: tra queste, il 33,5% non ha un impianto idrico antincendio, il 38,5% non possiede la dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico, il 37% non è munito di sistema di allarme, l’1,7% non ha nemmeno gli estintori portatili, il 4,9% neanche un sistema di segnaletica di sicurezza.

Interventi su strutture portanti - Non è finita qui: spulciando le richieste arrivate agli enti locali proprietari delle scuole (per lo più Comuni e Province, solo il 4% è in affitto pagato dallo Stato) si scopre che sull’8,7% degli edifici sono stati chiesti interventi su strutture portanti, sul 17,5% interventi sulle coperture, sul 22,6% interventi sugli intonaci. Sulla maggioranza, il 60% degli edifici, sono stati richiesti interventi sugli impianti (riscaldamento, elettrico, idrico, igienico-sanitario), e sul 5,1% degli edifici lavori per la rimozione dell’amianto. Chi è il colpevole allora? Chi sta sul banco degli imputati delle tragedie che colpiscono l’opinione pubblica o l’intero sistema?

Un cantiere a RomaUn cantiere a Roma
Le cause del dissesto - E’ dal 1996, quando fu varata una legge ad hoc, che si cerca di creare un’anagrafe scolastica nazionale, che provi a mappare il territorio italiano e a individuare gli interventi necessari regione per regione. Ma di fatto non ci si è ancora riusciti, tra battute d’arresto, farraginosità delle procedure, iniziative delle singole regioni. Stessa storia per i finanziamenti: «Il sistema- si legge nell’audizione- contraddistinto da una molteplicità di attori e da una pluralità di linee di finanziamento, è stato inefficace per tempi troppo lunghi, non più sostenibili, per rendere spendibili le risorse stanziate e per aprire i cantieri».

Solo 31 interventi - Un esempio su tutti: per il primo programma stralcio (delibera CIPE n.32 del settembre 2010 per un totale di 358 milioni di euro) ad oggi sono state sottoscritte con gli enti locali beneficiari 1638 convenzioni, per un totale di 349 milioni di euro: dopo quasi tre anni sono stati emessi dal ministero delle Infrastrutture pagamenti per complessivi 97 milioni per avanzamento lavori. Risultato? Sono stati realizzati e ultimati solo 31 interventi. E se si va più indietro nel tempo, il quadro è anche più fosco: per la delibera CIPE del 2004, al 31 dicembre 2012 non era ancora stato avviato il 10% dei lavori previsti. Non c’è da meravigliarsi, se si pensa che i soldi passano dal CIPE agli organismi centrali e periferici del ministero delle infrastrutture e del ministero dell’Istruzione, al ministero dell’Economia, agli enti locali. E il macroprocedimento prevede, nell’ordine: la programmazione, la determinazione delle risorse e la tipologia degli interventi finanziati, le variazioni di bilancio conseguenti alle delibere di programmazione, le convenzioni stipulate dal ministero delle Infrastrutture con gli enti locali, gli affidamenti e l’esecuzione delle opere. Roba da confondersi solo a leggerli, tutti questi passaggi.

«Se sapessero non li iscriverebbero - E intanto le nostre scuole cadono letteralmente a pezzi: da settembre 2012 ad oggi sono già 30 gli episodi di distacco di intonaco e cornicioni nelle scuole, «eventi sentinella- spiega Adriana Bizzarri di Cittadinanza attiva – che si verificano al Nord come al Centro come al Sud, a dimostrare che in generale la situazione non è sotto controllo e che nessuno di noi è in grado di sapere in che tipo di scuole sta iscrivendo i propri figli». Senza parlare delle classi pollaio, quelle con più di 30 alunni, che nel 2011 erano lo 0,6%, cioè 2000 classi per 60 mila ragazzi: la legge europea sullo spazio vitale, 1,80 metri quadrati per ciascun bambino dalle scuole elementari fino alle medie, e 1,96 per i ragazzi delle superiori, non è quasi mai rispettata, col risultato che anche la sicurezza, in aule dove i banchi sono incastrati tra porte e finestre, o porte antipanico chiuse con lucchetti o mobilii, se ne va a farsi benedire.

90 mila incidenti all’anno - E’ vero che il 35% delle scuole è preso di mira dai vandali, ma la base di partenza non è esemplare: la metà degli arredi scolastici non è a norma, il 20% di banchi e sedie è danneggiato, le librerie non sono ancorate ai muri, gli spigoli dei mobili non sono protetti. Tant’è vero che si verificano 90 mila incidenti all’anno (dati INAIL) nelle scuole. Secondo gli ultimi dati di Legambiente, che ogni anno pubblica un corposo dossier sullo stato di salute delle nostre scuole, il 36% degli edifici ha bisogno di manutenzione straordinaria costante. In base alle prime anticipazioni sul prossimo rapporto, moltissimi edifici ancora non hanno gli impianti elettrici a norma, ma in deroga (perché le leggi in materia cambiano spesso e i lavori a scuola non stanno al passo), e persiste un divario enorme tra Nord e Sud, con Calabria e Sicilia fanalini di coda. «Se i genitori conoscessero tutti i dettagli, non manderebbero più a scuola i propri figli», dice la responsabile di Legambiente scuola Vanessa Pallucchi.

450 milioni di euro - Che il vento stia girando, lo dimostra il fatto che l’edilizia scolastica quest’anno non è toccata dalla spending review. Ma il primo segnale concreto è arrivato con il Decreto del Fare, approvato a giugno e diventato legge ad agosto. Sul piatto sono stati messi 450 milioni di euro, di cui 150 milioni che confluiscono immediatamente nel Fondo unico per l’edilizia scolastica, quindi immediatamente spendibili, e altri 300 divisi in tre tranche da 100 milioni per i prossimi tre anni, stanziati dall’Inail. E dovrebbe essere solo la base di partenza: perché per la prima volta vengono coinvolti soggetti europei nel reperimento di risorse per l’edilizia scolastica. E’ già in stato avanzato il dialogo con la Banca europea degli investimenti e con la Banca di sviluppo del Consiglio d’Europa, da cui, nonostante il nostro Paese esprima il vicegovernatore (Nunzio Guglielmino), da dieci anni non prende soldi. «Prendere fondi in prestito da questi enti – spiega Alessandro Aresu, della task force istituita a palazzo Chigi – è molto più conveniente che prendere prestiti a 20-30 anni sul mercato».

Rischio sismico - In ballo ci sono anche risorse della Protezione civile, per prevenire il rischio sismico: dovrebbero arrivare per il 2014 circa 170 milioni. Infine, l’ultimo salvadanaio da cui attingere sono i fondi europei: restano ancora sette miliardi non impegnati, e il ministro Carrozza sta cercando, con il collega della Coesione territoriale, di dirottarne parte alle nostre scuole. Ma, fondi a parte, la vera inversione di tendenza del piano per la scuola voluto dal governo è la condivisione a tutti i livelli delle emergenze, attraverso un’intesa con le Regioni. Alcune regioni si sono già attivate, come il Piemonte, che ha pubblicato già il bando, ma le altre seguiranno molto presto: il 15 settembre è la data entro cui Comuni e Province potranno presentare progetti esecutivi immediatamente cantierabili di messa in sicurezza, ristrutturazione, e manutenzione straordinaria degli edifici scolastici.

Le prime emergenze - Chi dice che stavolta le cose andranno diversamente? Entro il 15 ottobre le regioni dovranno trasmettere le graduatorie al ministero, e partire immediatamente con i lavori, ma chi non avrà trasmesso i dati perderà i soldi, che saranno ripartiti proporzionalmente tra le altre regioni. L’altro pilastro del piano Letta è il cambio della governance: per gli interventi di entità minore (entro gli 80 mila euro), i dirigenti scolastici, possono essere i diretti destinatari delle risorse e i titolari degli interventi, proprio come se fossero dei funzionari delegati dagli enti proprietari. Ai sindaci viene invece dato il potere di commissari nel campo dell’edilizia scolastica, in modo da intervenire prontamente per risolvere le emergenze. «Il modello – conclude Aresu – è quello dell’Emilia Romagna, che a pochi mesi da terremoto aveva già 28 edifici scolastici temporanei per avviare l’anno di studi». Nel 2014 dovrebbero essere avviati i lavori previsti e finanziati dal piano, senza le lentezze burocratiche o le difficoltà normative del passato. Le prime emergenze da sanare? Il rischio sismico e idrogeologico, ma anche l’efficienza energetica, che è fuori dal patto di stabilità, che impone tetti di spesa severi. Per capirci: per rendere gli infissi efficienti dal punto di vista del risparmio energetico, si aggiustano anche le finestre. E così si salvano gli alti obiettivi europei con quelli, decisamente più prosaici, della quotidianità all’italiana.

(modifica il 8 settembre 2013)
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