L’esodo improvviso di bambini da una scuola, perché disturbati da un compagno autistico, non può che mettere tristezza. Deprime pensare a un coordinamento tra genitori, per un’azione collettiva così discriminatoria. Comunque sia vista è una sconfitta alla civiltà. La maniera più facile per commentare questa notizia sarebbe ergermi indignato verso le famiglie insensibili, anche in ragione del mio coinvolgimento personale di genitore di un ragazzo autistico. 

Purtroppo non posso che ammettere di comprendere il loro gesto, anche se quello che hanno messo in atto è la più crudele risposta verso tutti noi. Avevamo sperato possibile una scuola aperta anche ai disabili più difficili, quelli che disturbano, non stanno fermi al loro posto, smontano porte e armadi, graffiano, mordono e fanno casino. Fosse anche un ragazzino che una volta ha spinto la sorellina dal balcone, i cui familiari avevano spesso chiesto aiuto ai servizi sociali per gestirlo. 

C’eravamo illusi che anche persone come lui avessero una reale possibilità di non sentirsi destinati alla raccolta differenziata, nel contenitore per “diversi”. Invece ci stiamo accorgendo, da segnali sempre più insistenti, che questi ragazzi sono doppiamente prigionieri: da una parte hanno l’obbligo ideologico di considerarsi teoricamente “inclusi”, dall’altra soffrono per l’assenza di chi sappia garantire una loro vera inclusione. L’autistico necessita di un educatore “specializzato”, non basta la buona volontà, la dedizione, nemmeno quello che chiamano spirito di servizio. Nemmeno è giusto sperare in virtù eroiche negli altri compagni. 

Servono strumenti reali, scientifici ed efficaci, occorrono persone formate e giustamente pagate. Per essere a posto con la coscienza non basta la buona intenzione, o rinchiudere “il problema” nel tempo parallelo delle passeggiatine nei corridoi e dei fogli da colorare.


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NON SI CERCHINO COLPE IN UN BAMBINO AUTISTICO (precedente a Mugnano)