«Stanco» si è definito il ministro slovacco delle Finanze, e l’impressione è che parlasse per tutti. L’Eurogruppo si è riunito stamane per lanciare una sorta di ultimatum a Yanis Varoufakis. E, a giudicare dai toni, sembra che qualcuno non sia riuscito a nascondere un’esasperazione anche meno filtrata di quella del collega slovacco. Un ministro pare abbia definito Varoufakis un «perditempo, giocatore d’azzardo e dilettante», ma dall’intero gruppo dei diciannove il messaggio a porte chiuse è stato esplicito, riassunto poi in conferenza stampa dall’olandese, ma anche da Mario Draghi: «Il tempo sta scadendo». Due mesi dopo l’accordo del 20 febbraio, a fronte dei progressi notevoli della Spagna e di un ritorno di Cipro sui mercati che è ormai in vista, il “figliol prodigo” Grecia è ancora ai nastri di partenza. E la sua danza sull’orlo del vulcano sta nuovamente innervosendo i mercati e ipotecando il futuro della moneta unica, checché ne dicano gli osservatori più superficiali.

Certo, c’è stato un «progresso» in questi ultimi giorni, hanno ammesso il commissario agli Affari economici Moscovici e il presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem, soprattutto Varoufakis ha voluto sottolineare le «incredibili convergenze delle ultime due settimane». Ma una fonte governativa taglia corto: «Le incredibili convergenze le ha viste solo lui». Nonostante il greco abbia citato in conferenza stampa «progressi» su privatizzazioni, sulla commissione fiscale indipendente o sulle riforme della burocrazia o della giustizia, la fonte sostiene che «non siamo assolutamente entrati in dettagli così specifici». La riunione è stata, detto brutalmente, un giro di schiaffi. La conferma che Varoufakis, dopo tre mesi di promesse mancate, è del tutto isolato.

Con Atene, come ha spiegato Dijsselbloem, andava anche chiarita la scaletta di marcia. Se il governo Tsipras sperava di poter raggiungere un’intesa su una manciata di riforme in cambio di una boccata d’ossigeno finanziaria, l’eurogruppo gli ha chiuso la porta in faccia. A questo punto, dopo mesi di impasse, la Grecia deve fornire «una lista completa e dettagliata di riforme», prima di «qualsiasi esborso finanziario». Quindi, niente eurogruppo straordinario, l’appuntamento è per quello ufficiale dell’11 maggio. Se Atene riuscirà a consegnare il suo piano prima, bene. Altrimenti arriverà a quella data, col cappio al collo ormai strettissimo: il giorno dopo il Fmi attende la restituzione di 750 milioni di euro.

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