Milano

Caso Uva, sei poliziotti e un carabiniere a processo a Varese: "Omicidio preterintenzionale"

L'uomo morì in ospedale il 14 luglio 2008 dopo aver trascorso in caserma parte nella notte: la Procura aveva chiesta il non luogo a procedere. La sorella: "Finalmente si è deciso di fare un processo"

2 minuti di lettura
A sei anni dalla morte di Giuseppe Uva carabinieri e poliziotti dovranno affrontare un processo in Corte d'assise. Il gup varesino Stefano Sala ha rinviato a giudizio sei agenti e un militare imputati per omicidio preterintenzionale, abbandono di incapace, arresto illegale e abuso di autorità nei confronti dell'uomo deceduto il 14 giugno del 2008 all'ospedale di Circolo di Varese dopo essere stato fermato ubriaco per strada e portato in caserma. Un altro militare accusato degli stessi reati, che aveva scelto la strada del giudizio immediato, verrà processato insieme con gli altri imputati.

La decisione del giudice, che ha respinto la richiesta di proscioglimento da tutte le accuse contestate avanzata dal procuratore facente funzione Felice Isnardi e dai difensori degli imputati, è stata accolta con lacrime e festeggiamenti dai familiari di Uva, parti civili nel procedimento. La sorella di Uva, Lucia, e i suoi legali, gli avvocati Fabio Anselmo, Fabio Ambrosetti e Alessandra Pisa, al termine dell'udienza preliminare hanno stappato una bottiglia di spumante per un brindisi in piazza Cacciatori delle Alpi, davanti al Palazzo di giustizia. "Dopo tanti anni ce l'abbiamo fatta - ha commentato Lucia Uva - Dedico questo processo al pm Agostino Abate, che non ha mai voluto cercare la verità: mio fratello non ha mai fatto atti di autolesionismo, ma è stato picchiato in caserma".

[[ge:rep-locali:rep-milano:92089862]]La notte del 14 giugno 2008 i carabinieri fermarono l'artigiano Giuseppe Uva, 43 anni, e l'amico Alberto Biggiogero mentre, ubriachi, spostavano alcune transenne per regolare il traffico. Sette ore dopo l'uomo morì in ospedale, dove era stato ricoverato con trattamento sanitario obbligatorio, a causa di "insufficienza respiratoria con conseguente edema polmonare" provocata da una serie di cause scatenanti. Secondo i familiari, Uva avrebbe subito violenze in caserma da parte dei carabinieri e dei poliziotti che intervennero a supporto dei militari. La Procura di Varese, invece, non aveva riscontrato irregolarità nel comportamento delle forze dell'ordine.

Tre medici dell'ospedale di Circolo di Varese erano stati processati e poi assolti dall'accusa di aver somministrato a Uva una dose sbagliata di farmaci. Ora dovranno affrontare il processo davanti alla Corte d'assise di Varese, che comincerà il 20 ottobre, i carabinieri e i poliziotti, tutti ancora in servizio, che condussero l'intervento: Paolo Righetto, Stefano Dal Bosco, Gioacchino Rubino, Luigi Empirio, Pierfrancesco Colucci, Francesco Barone Focarelli, Bruno Belisario e Vito Capuano.

Disponendo il rinvio a giudizio, il giudice Sala ha quindi accolto la tesi di una loro responsabilità nella morte di Uva, già sostenuta dal gip Giuseppe Battarino, che lo scorso 11 marzo aveva respinto la richiesta di archiviazione avanzata dal pm Agostino Abate rimarcando, nell'ordinanza con cui aveva disposto l'imputazione coatta, che Uva "è stato percosso da uno o più dei presenti in quella stanza, da ritenersi tutti concorrenti materiali e morali" nella morte "causalmente connessa in particolare con la prolungata costrizione fisica associata a singoli atti aggressivi e contenitivi".

Secondo l'avvocato Luca Marsico, uno dei difensori degli imputati, "il rinvio a giudizio non equivale a una condanna, e ora si aprirà un processo che verrà affrontato a testa alta". L'avvocato Fabio Anselmo, legale anche delle famiglie di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi, esulta invece per una "prima vittoria" delle parti civili. "E' uno scandalo che si arrivi solo oggi a un rinvio a giudizio - ha aggiunto - perché si rischia la prescrizione per gran parte delle accuse contestate". Per il senatore pd Luigi Manconi "questo risultato è dovuto alla tenacia di Lucia e dei familiari di Giuseppe Uva, al lavoro dei legali e a quanti per anni hanno voluto credere che anche a Varese c'è un giudice".