Nessun paese del G20 sta rispettando gli accordi sul clima di Parigi

Secondo il rapporto annuale Brown to Green, nessuna fra le 20 potenze mondiali sarebbe sulla strada giusta per rispettare gli accordi sottoscritti nel 2015, a partire dal contenimento della temperatura media entro 1,5°C

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Nessuno dei paesi del G20, inclusa l’Italia, è in linea con gli obiettivi indicati dall'accordo di Parigi sul clima del 2015: primo fra tutti, quello di contenere l'aumento della temperatura media globale entro 1,5 gradi centigradi rispetto al periodo pre-industriale. A sostenerlo è il report annuale Brown to Green, ovvero uno studio pubblicato da Climate Transparency anche in vista del Cop 25 di Madrid, la conferenza internazionale sul clima che avrà luogo nella capitale spagnola dal 2 al 13 dicembre. Il rapporto analizza le performance degli stati tenendo conto di 80 indicatori differenti e lo fa con il sostegno di 14 organizzazioni di ricerca.

Il report ha preso in considerazione quello che i paesi industrializzati stanno facendo in materia di clima, energia e finanza sostenibile sottolineando come, nel 2018, le emissioni dei paesi G20 siano addirittura aumentate in tutti i settori (+1,8 per cento), soprattutto quello edile. Questo significa – puntualizzano i ricercatori – che gli obiettivi prefissati per il 2030 svaniscono pian piano all’orizzonte senza la messa in atto di nuovi interventi per una maggiore ambizione nell'ambito climatico. Se la maglia nera va all’Australia, nessun report delle venti maggiori potenze economiche è incoraggiante, e soprattutto in linea con gli accordi.

Nei paesi del G20 circa 16mila persone sono morte ogni anno fra il 1998 e il 2017 come risultato di eventi climatici estremi” sottolinea il rapporto, che ne enfatizza anche il conto da pagare: 142 miliardi di dollari. Si capisce quindi come combattere il surriscaldamento globale diventi fondamentale, specie se si considera che i 20 paesi sono responsabili di circa l’80 per cento delle emissioni globali di gas serra. In teoria, il gruppo dovrebbe ridurre le emissioni del 45 per cento entro il 2030 e arrivare alla neutralità climatica, ovvero azzerarle, nel 2050.

La pagella italiana

Per quanto riguarda il focus sull'Italia, il rapporto spiega che se le emissioni di gas serra pro capite nel 2016 erano inferiori alla media G20, quelle legati ai trasporti e all’edilizia del 2018 la superavano. Nel dettaglio, nel 2016 l’Italia si attestava a 6,8 tonnellate, lievemente sotto la media del G20 (7,5)e quella dell’Ue (7,9)con un trend in discesa dal 2011 (- 16 per cento). Ma nel 2018 le emissioni pro capite dei trasporti hanno raggiunto 1,67 tonnellate di CO2, e quelle del settore edilizio – che comprendono riscaldamento e consumo di elettricità – toccano le 1,8 tonnellate.

Ma il punto dolente della pagella italiana sono i combustibili fossili: l’Italia ha ricevuto 11,6 miliardi di sussidi di cui il 98 per cento è stato destinato al consumo e il 2 per cento alla produzione. I combustibili fossili sono allo stato attuale il 79 per cento del mix energetico italiano, mentre le energie rinnovabili si fermano al 40 per cento. Il rapporto punta il dito contro la mancanza di strategie a lungo termine e suggerisce di eliminare gradualmente le sovvenzioni ai combustibili fossili entro il 2025 e adottare una carbon tax.

Secondo il report sarebbe anche necessario lo sviluppo di strategie efficaci per la ristrutturazione degli edifici esistenti in termini di efficienza energetica e la creazione di “nuove foreste” come serbatoio green e rispettare il limite di 1,5 gradi centigradi. Infatti, si stima, che dal 2001 al 2018 l'Italia ha perso 299 chilometri quadrati di boschi.